Verso la fine del XVI secolo, nel corso di una scorreria sulle coste liguri, una bambina dai capelli color zafferano (Safran in molte lingue e dialetti), catturata dei saraceni, riesce a fuggire da una galea carica di schiavi. Approda su una terra sconosciuta, bellissima e aspra, e comincia un cammino che la condurrà, tra mille insidie, ad affiancare le protagoniste di uno dei più celebri processi alle streghe istruito in Italia: quello che cominciò a Triora nell’estate del 1587.
Secoli dopo, ai giorni nostri, l’ispettore capo Renzo Parodi, il primo detective letterario afroitaliano, e il fido Marotta, già protagonisti di altri casi intricati, indagano su un efferato delitto compiuto a San Martino di Struppa, quartiere collinare di Genova.
Alcuni dei personaggi ed eventi di questo libro appartengono alla storia. Oltre al famoso processo alle streghe di Triora, cominciato nel 1587, sono autentici i nomi delle bazure, sono autentici i nomi dei Dogi, dei Podestà e di alcuni inquirenti, sono autentici Luca e Franchetta Borelli. Il collegamento tra Triora e San Martino di Struppa, all’epoca colonia penale di Genova, risiede nel fatto che dal 1600, in poi, nei registri parrocchiali di San Martino di Struppa compaiano i cognomi Bazoro e Bazora, che richiamano il termine bagiua o bazura, usato nel ponente ligure per indicare la strega.
Questo romanzo, ambientato in parte in secoli in cui la violenza sulle donne era codificata da leggi, in parte in anni in cui è stata coniata la parola “femminicidio”, è dedicato a tutte le donne e agli uomini di buona volontà, capaci di conoscenza e rispetto.